TESTO ORIGINALE
Labienus milites cohortatus ut suae pristinae virtutis et secundissimorum proeliorum retinerent memoriam atque ipsum Caesarem, cuius ductu saepe numero hostes superassent, praesentem adesse existimarent, dat signum proeli. Primo concursu ab dextro cornu, ubi septima legio constiterat, hostes pelluntur atque in fugam coniciuntur; ab sinistro, quem locum duodecima legio tenebat, cum primi ordines hostium transfixi telis concidissent, tamen acerrime reliqui resistebant, nec dabat suspicionem fugae quisquam. Ipse dux hostium Camulogenus suis aderat atque eos cohortabatur. Incerto nunc etiam exitu victoriae, cum septimae legionis tribunis esset nuntiatum quae in sinistro cornu gererentur, post tergum hostium legionem ostenderunt signaque intulerunt. Ne eo quidem tempore quisquam loco cessit, sed circumventi omnes interfectique sunt. Eandem fortunam tulit Camulogenus. At ei qui praesidio contra castra Labieni erant relicti, cum proelium commissum audissent, subsidio suis ierunt collemque ceperunt, neque nostrorum militum victorum impetum sustinere potuerunt. Sic cum suis fugientibus permixti, quos non silvae montesque texerunt, ab equitatu sunt interfecti.
TRADUZIONE
Labieno esorta i soldati a ricordarsi dell'antico valore e delle loro grandissime vittorie, a far conto che fosse presente Cesare in persona, sotto la cui guida tante volte avevano battuto il nemico. Quindi, dà il segnale d'attacco. Al primo assalto, all'ala destra, dove era schierata la settima legione, il nemico viene respinto e costretto alla fuga; sulla sinistra, settore presidiato dalla dodicesima legione, le prime file dei Galli erano cadute sotto i colpi dei giavellotti, ma gli altri resistevano con estrema tenacia e nessuno dava segni di fuga. Il comandante nemico stesso, Camulogeno, stava al fianco dei suoi e li incoraggiava. E l'esito dello scontro era ancora incerto, quando ai tribuni militari della settima legione venne riferito come andavano le cose all'ala sinistra: la legione comparve alle spalle del nemico e si lanciò all'attacco. Nessuno dei Galli, neppure allora, abbandonò il proprio posto, ma tutti vennero circondati e uccisi. La stessa sorte toccò a Camulogeno. I soldati nemici rimasti come presidio di fronte al campo di Labieno, non appena seppero che si stava combattendo, mossero in aiuto dei loro e si attestarono su un colle, ma non riuscirono a resistere all'assalto dei nostri vittoriosi. Così, si unirono agli altri in fuga: chi non trovò riparo nelle selve o sui monti, venne massacrato dalla nostra cavalleria.
sabato 22 gennaio 2011
Damone, Finzia e Dionigi
TESTO ORIGINALE
Inizio: Damon et Phintias philosophi Pythagorei virique eximiae
Fine: tertium in societatem amicitiae reciperent.
TRADUZIONE
Damone e finzia, discepoli della disciplina pitagorica, avevano stretto tra di loro una fedelissima amicizia. Infatti, avendo il tiranno di Siracusa Dioniso ordinato che uno di questi fosse ammazzato ed avendo quello ottenuto dal tiranno del tempo per sistemare le sue cose . partito verso casa , prima di esporsi alla morte, l’altro si fece garante col tiranno del suo ritorno. Era stato liberato dal pericolo di morte il giovane che già aveva tenuto la testa posta sotto la spada del carnefice; gli aveva posto sotto la sua testa colui che avrebbe potuto vivere con tranquillità. Tutti dunque e soprattutto Dioniso osservavano il risultato di quel fatto insolito ed incerto. Avvicinandosi poi il giorno stabilito e non tornando quello, ciascuno accusava di stoltezza un garante tanto sconsiderato. Ma quel giovane andava dicendo di non temere affatto riguardo alla fermezza dell’amico. D’altra parte nel medesimo momento ed ora stabilita da Dioniso sopraggiunse l’ amico. Il tiranno avendo ammirato il coraggio di entrambi, condonò il supplizio e inoltre li pregò di accoglierlo come terzo nel loro patto di amicizia.
Inizio: Damon et Phintias philosophi Pythagorei virique eximiae
Fine: tertium in societatem amicitiae reciperent.
TRADUZIONE
Damone e finzia, discepoli della disciplina pitagorica, avevano stretto tra di loro una fedelissima amicizia. Infatti, avendo il tiranno di Siracusa Dioniso ordinato che uno di questi fosse ammazzato ed avendo quello ottenuto dal tiranno del tempo per sistemare le sue cose . partito verso casa , prima di esporsi alla morte, l’altro si fece garante col tiranno del suo ritorno. Era stato liberato dal pericolo di morte il giovane che già aveva tenuto la testa posta sotto la spada del carnefice; gli aveva posto sotto la sua testa colui che avrebbe potuto vivere con tranquillità. Tutti dunque e soprattutto Dioniso osservavano il risultato di quel fatto insolito ed incerto. Avvicinandosi poi il giorno stabilito e non tornando quello, ciascuno accusava di stoltezza un garante tanto sconsiderato. Ma quel giovane andava dicendo di non temere affatto riguardo alla fermezza dell’amico. D’altra parte nel medesimo momento ed ora stabilita da Dioniso sopraggiunse l’ amico. Il tiranno avendo ammirato il coraggio di entrambi, condonò il supplizio e inoltre li pregò di accoglierlo come terzo nel loro patto di amicizia.
Ruberie di un governatore della Sicilia
TESTO ORIGINALE
Lipara, tam parva civitas, tam remota, seiuncta a Sicilia, in insula inculta tenuique posita, praedae tibi et questui fuit;hanc totam insulam cuidam tuorum sodalium, sicut aliquod minusculum.tu condonaras. Halicyenses, qui agros immunes habent, Turpioni, servo tuo, HS XV milia dare coacti sunt. Etiamsi,id quod maxime vis posses probare haec ad servum tuum lucra venisse, nihil te attigisse, tamen hae pecuniae,per vim atque iniuram tuam erptae,tibi fraudi et damnationi esse deberent, cum vero hoc nemini persuadere possis te tam amentem fuisse ut servum hominem tuo periculo, divitem fieri velles omnibus manifestum est hanc tibi omnem pecuniam quaesitam esse. Patiemini, iudices, ab sociis, ab aratoribus populi Romani, ab iis qui vobis laborant, vobis serviunt, ab his per summam iniuram omniam ablata esse?
TRADUZIONE
Anche questo stato tanto piccolo,separato dalla Sicilia, collocato su un'isola incolta e insignificante, è stato per te (motivo) di bottino e di guadagno ? Dal momento che tu hai dato in dono l'intera isola a uno dei tuoi compagni (così) come (se fosse) un regalino, anche a questa, così come agli abitanti del mediterraneo, venivano riscossi/detratti i profitti del frumento? Perché? E' forse vero ke gli Aliciensi, i cui abitanti danno la decima parte, i cui abitanti stessi hanno i campi esenti (dalle tasse), sono costretti a dare quindici mila al tuo servo Turpione? Se tu potessi provare ciò che tu soprattutto vuoi , (cioé che) questi profitti sono arrivati agli esattori della decima,che niente ti ha toccato tuttavia questi denari dovrebbero essere stati presi attraverso la tua violenza e la tua offesa e dovrebbero esserti consegnati con l'inganno e con la condanna; visto ke invero nn puoi convincere nessuno di ciô,cioé del fatto ke tu sei stato tanto folle,da volere che Apronio e turpione,uomini servi, diventassero ricchi con il pericolo tuo e dei tuoi figli, ritieni (davvero) ke nessuno avrebbe dubitato che a quegli emissari/agenti è stato richiesto tutto il denaro per te?
Lipara, tam parva civitas, tam remota, seiuncta a Sicilia, in insula inculta tenuique posita, praedae tibi et questui fuit;hanc totam insulam cuidam tuorum sodalium, sicut aliquod minusculum.tu condonaras. Halicyenses, qui agros immunes habent, Turpioni, servo tuo, HS XV milia dare coacti sunt. Etiamsi,id quod maxime vis posses probare haec ad servum tuum lucra venisse, nihil te attigisse, tamen hae pecuniae,per vim atque iniuram tuam erptae,tibi fraudi et damnationi esse deberent, cum vero hoc nemini persuadere possis te tam amentem fuisse ut servum hominem tuo periculo, divitem fieri velles omnibus manifestum est hanc tibi omnem pecuniam quaesitam esse. Patiemini, iudices, ab sociis, ab aratoribus populi Romani, ab iis qui vobis laborant, vobis serviunt, ab his per summam iniuram omniam ablata esse?
TRADUZIONE
Anche questo stato tanto piccolo,separato dalla Sicilia, collocato su un'isola incolta e insignificante, è stato per te (motivo) di bottino e di guadagno ? Dal momento che tu hai dato in dono l'intera isola a uno dei tuoi compagni (così) come (se fosse) un regalino, anche a questa, così come agli abitanti del mediterraneo, venivano riscossi/detratti i profitti del frumento? Perché? E' forse vero ke gli Aliciensi, i cui abitanti danno la decima parte, i cui abitanti stessi hanno i campi esenti (dalle tasse), sono costretti a dare quindici mila al tuo servo Turpione? Se tu potessi provare ciò che tu soprattutto vuoi , (cioé che) questi profitti sono arrivati agli esattori della decima,che niente ti ha toccato tuttavia questi denari dovrebbero essere stati presi attraverso la tua violenza e la tua offesa e dovrebbero esserti consegnati con l'inganno e con la condanna; visto ke invero nn puoi convincere nessuno di ciô,cioé del fatto ke tu sei stato tanto folle,da volere che Apronio e turpione,uomini servi, diventassero ricchi con il pericolo tuo e dei tuoi figli, ritieni (davvero) ke nessuno avrebbe dubitato che a quegli emissari/agenti è stato richiesto tutto il denaro per te?
Eumene, governatore della Cappadocia
TESTO ORIGINALE
Alexandro Babylone mortuo cum regna singulis familiaribus dispertirentur et summa rerum tradita esset tuenda eidem, cui Alexander moriens anulum suum dederat, Perdiccae - ex quo omnes coniecerant eum regnum ei commisisse, quoad liberi eius in suam tutelam pervenissent: aberat enim Crateros et Antipater, qui antecedere hunc videbantur; mortuus erat Hephaestio, quem unum Alexander, quod facile intellegi posset, plurimi fecerat -, hoc tempore data est Eumeni Cappadocia sive potius dicta: nam tum in hostium erat potestate. Hunc sibi Perdiccas adiunxerat magno studio, quod in homine iidem et industriam magnam videbat, non dubitans, si eum pellexisset, magno usui fore sibi in iis rebus, quas apparabat. Cogitabat enim, quod fere omnes in magnis imperiis concupiscunt, omnium partis corripere atque complecti. Neque vero hoc ille solus fecit, sed ceteri quoque omnes, qui Alexandri fuerant amici. Primus Leonnatus Macedoniam praeoccupare destinavit. Hic multis magnisque pollicitationibus persuadere Eumeni studuit, ut Perdiccam desereret ac secum faceret societatem. Cum perducere eum non posset, interficere conatus est; et fecisset, nisi ille clam noctu ex praesidiis eius effugisset.
TRADUZIONE
Dopo la morte di Alessandro a Babilonia, le province del re furono spartite tra i suoi intimi e il supremo potere fu affidato a Perdicca, cui Alessandro morendo aveva dato il suo anello; dal che tutti avevano dedotto che avesse affidato a lui il regno, finché i suoi figli fossero usciti di tutela; Crátero e Antípatro infatti, che sembravano venir prima di quello, erano assenti; Efestione, che Alessandro (come si poteva facilmente capire) aveva stimato più di tutti, era morto; in quella circostanza fu consegnata ad Eumene la Cappadocia, o meglio assegnata: infatti era allora in potere dei nemici. Perdicca aveva messo tutto il suo impegno per trarlo dalla sua parte, perché vedeva la grande lealtà ed energia di quell'uomo e non dubitava che se avesse conquistato la sua amicizia, gli sarebbe stato di grande aiuto nei progetti che stava elaborando. Pensava infatti, quello, che all'incirca tutti desiderano nei grandi imperi, impadronirsi e riunire sotto di sé le parti di tutti. Ed invero non tentò di far così solo lui, bensì anche tutti gli altri che erano stati amici di Alessandro. Per primo Leonnato progettò di occupare la Macedonia. Egli con molte e grandi promesse cercò di persuadere Eumene a lasciare Perdicca ed a fare alleanza con lui. Non potendolo portare dalla sua parte, tentò di ucciderlo e l'avrebbe fatto se quello di nascosto, nottetempo, non fosse fuggito dai suoi presidi.
Alexandro Babylone mortuo cum regna singulis familiaribus dispertirentur et summa rerum tradita esset tuenda eidem, cui Alexander moriens anulum suum dederat, Perdiccae - ex quo omnes coniecerant eum regnum ei commisisse, quoad liberi eius in suam tutelam pervenissent: aberat enim Crateros et Antipater, qui antecedere hunc videbantur; mortuus erat Hephaestio, quem unum Alexander, quod facile intellegi posset, plurimi fecerat -, hoc tempore data est Eumeni Cappadocia sive potius dicta: nam tum in hostium erat potestate. Hunc sibi Perdiccas adiunxerat magno studio, quod in homine iidem et industriam magnam videbat, non dubitans, si eum pellexisset, magno usui fore sibi in iis rebus, quas apparabat. Cogitabat enim, quod fere omnes in magnis imperiis concupiscunt, omnium partis corripere atque complecti. Neque vero hoc ille solus fecit, sed ceteri quoque omnes, qui Alexandri fuerant amici. Primus Leonnatus Macedoniam praeoccupare destinavit. Hic multis magnisque pollicitationibus persuadere Eumeni studuit, ut Perdiccam desereret ac secum faceret societatem. Cum perducere eum non posset, interficere conatus est; et fecisset, nisi ille clam noctu ex praesidiis eius effugisset.
TRADUZIONE
Dopo la morte di Alessandro a Babilonia, le province del re furono spartite tra i suoi intimi e il supremo potere fu affidato a Perdicca, cui Alessandro morendo aveva dato il suo anello; dal che tutti avevano dedotto che avesse affidato a lui il regno, finché i suoi figli fossero usciti di tutela; Crátero e Antípatro infatti, che sembravano venir prima di quello, erano assenti; Efestione, che Alessandro (come si poteva facilmente capire) aveva stimato più di tutti, era morto; in quella circostanza fu consegnata ad Eumene la Cappadocia, o meglio assegnata: infatti era allora in potere dei nemici. Perdicca aveva messo tutto il suo impegno per trarlo dalla sua parte, perché vedeva la grande lealtà ed energia di quell'uomo e non dubitava che se avesse conquistato la sua amicizia, gli sarebbe stato di grande aiuto nei progetti che stava elaborando. Pensava infatti, quello, che all'incirca tutti desiderano nei grandi imperi, impadronirsi e riunire sotto di sé le parti di tutti. Ed invero non tentò di far così solo lui, bensì anche tutti gli altri che erano stati amici di Alessandro. Per primo Leonnato progettò di occupare la Macedonia. Egli con molte e grandi promesse cercò di persuadere Eumene a lasciare Perdicca ed a fare alleanza con lui. Non potendolo portare dalla sua parte, tentò di ucciderlo e l'avrebbe fatto se quello di nascosto, nottetempo, non fosse fuggito dai suoi presidi.
Edipo uccide il padre Laio
TESTO ORIGINALE
Oedipus,postquam ad puberem aetatem pervenit,fortissimus omnium aequalium erat.Itaque multi ei invidebant.Inter epulas ai dixerunt:<< Tu non es Polybii filius>>. Cum suspicaretur eos verum dixisse, Delphos est profectus, ut oraculum consuleret . Hoc respondit << Patrem necabis et matrem uxorem duces>>. Itaque Oedipus patriam et parentes vitare et in aliam terram migrare constituit. In itinere Lius pater ei obviam venit(credo che sia venit xkè nn si legge bene!).Cum comites regis Cedipodem via cedere iuberent, ille non oboedivit. Rex equos incitavit et rota pedem eius oppressit.Tum Oedipus iratus regem , ignorans eum patrem suum esse , de curru detraxit et occidit .Laio occiso ,Creon regnum occupavit
TRADUZIONE
Edipo, dopo che divenne adulto, era il più forte tra i suoi coetanei. Pertanto molti lo invidiavano. Durante il pasto gli dissero: "Tu non sei figlio di Polibo". Sospettando che essi dicessero il vero, partì per Delfi per consultare l'oracolo. Questo rispose: " Ucciderai [tuo] padre e prenderai in moglie [tua] madre". Pertanto Edipo [volle] evitare la patria e i genitori, stabilì di migrare in un'altra terra. Durante il viaggio il padre Laio, gli venne incontro. Quando i soldati del re gli ordinarono di cedere la strada egli non obbedì. Il re incitò i cavalli e con la ruota passò sopra il suo piede. Allora Edipo arrabbiato con il re, ignorando che egli fosse suo padre, lo tirò giù dal carro e lo uccise. Morto Laio, assunse il regno Creonte.
Oedipus,postquam ad puberem aetatem pervenit,fortissimus omnium aequalium erat.Itaque multi ei invidebant.Inter epulas ai dixerunt:<< Tu non es Polybii filius>>. Cum suspicaretur eos verum dixisse, Delphos est profectus, ut oraculum consuleret . Hoc respondit << Patrem necabis et matrem uxorem duces>>. Itaque Oedipus patriam et parentes vitare et in aliam terram migrare constituit. In itinere Lius pater ei obviam venit(credo che sia venit xkè nn si legge bene!).Cum comites regis Cedipodem via cedere iuberent, ille non oboedivit. Rex equos incitavit et rota pedem eius oppressit.Tum Oedipus iratus regem , ignorans eum patrem suum esse , de curru detraxit et occidit .Laio occiso ,Creon regnum occupavit
TRADUZIONE
Edipo, dopo che divenne adulto, era il più forte tra i suoi coetanei. Pertanto molti lo invidiavano. Durante il pasto gli dissero: "Tu non sei figlio di Polibo". Sospettando che essi dicessero il vero, partì per Delfi per consultare l'oracolo. Questo rispose: " Ucciderai [tuo] padre e prenderai in moglie [tua] madre". Pertanto Edipo [volle] evitare la patria e i genitori, stabilì di migrare in un'altra terra. Durante il viaggio il padre Laio, gli venne incontro. Quando i soldati del re gli ordinarono di cedere la strada egli non obbedì. Il re incitò i cavalli e con la ruota passò sopra il suo piede. Allora Edipo arrabbiato con il re, ignorando che egli fosse suo padre, lo tirò giù dal carro e lo uccise. Morto Laio, assunse il regno Creonte.
Grande utilità dei fiumi e dei venti
TESTO ORGINALE
Aegyptum Nilus inrigat, et cum tota aestate obrutam oppletamque tenuit, tum recedit mollitosque et oblimatos agros ad serendum relinquit Mesopotamiam fertilem efficit Euphrates, in quam quotannis quasi novos agros invehit Indus vero, qui est omnium fluminum maximus, non aqua solum agros laetificat et mitigat, sed eos etiam conserit; magnam enim vim seminum secum frumenti similium dicitur deportare. Quam tempestivos autem dedit, quam salutares non modo hominum, sed etiam pecudum generi, is denique omnibus, quae oriuntur e terra, ventos etesias; quorum flatu nimii temperantur calores, ab isdem etiam maritimi cursus celeres et certi diriguntur.
TRADUZIONE
Aegyptum Nilus inrigat, et cum tota aestate obrutam oppletamque tenuit, tum recedit mollitosque et oblimatos agros ad serendum relinquit Mesopotamiam fertilem efficit Euphrates, in quam quotannis quasi novos agros invehit Indus vero, qui est omnium fluminum maximus, non aqua solum agros laetificat et mitigat, sed eos etiam conserit; magnam enim vim seminum secum frumenti similium dicitur deportare. Quam tempestivos autem dedit, quam salutares non modo hominum, sed etiam pecudum generi, is denique omnibus, quae oriuntur e terra, ventos etesias; quorum flatu nimii temperantur calores, ab isdem etiam maritimi cursus celeres et certi diriguntur.
TRADUZIONE
Il Nilo allaga l'Egitto e dopo averlo tenuto sommerso per una intera estate se ne allontana e lascia il terreno, cosi ammorbidito e concimato, pronto per la semina La Mesopotamia deve la sua fertilità all'Eufrate che si può dire introduca ogni anno in quella regione nuovi campi coltivabili L'Indo, il più grande di tutti i fiumi, non si limita ad ammorbidire e a concimare i campi con le sue acque, ma provvede anche a seminarli, se è vero che, a quanto si dice, trascina con sé gran quantità di semi di cereali .E quanto propizio e salutare, e non per gli uomini soltanto ma anche per gli animali e per i vegetali, è il dono dei venti etesii; sono essi che con il loro alitare attenuano gli eccessi del calore estivo e sempre da essi dipende la sicurezza e la celerità delle rotte marine.
Persepoli è incendiata dai Macedoni
TESTO ORIGINALE
Omnes incaluerant mero: itaque surgunt temulenti ad incendendam urbem, cui armati pepercerant. Primus rex ignem regiae iniecit; tum convivae et ministri pelicesque. Multa cedro aedificata erat regia: quae celeriter igne concepto late fudit incendium. Quod ubi exercitus, qui haud procul urbe tendebat, conspexit, fortuitum ratus ad opem ferendam concurrit. Sed ut ad vestibulum regiae ventum est, vident regem ipsum adhuc aggerentem faces. Omissa igitur quam portaverant aqua, ipsi aridam materiem in incendium iacere coeperunt. Hunc exitum habuit regia totius Orientis, unde tot gentes antea iura petebant, patria tot regum, unicus quondam Graeciae terror, molita M navium classem et exercitus, quibus Europa inundata est, Pudebat Macedones tam praeclaram urbem a comissabundo rege deletam esse. Ipsum, ut primum (=appena) mentem quies reddidit, paenituisse constat
TRADUZIONE
Tutti si erano riscaldati per il vino; perciò si alzarono ubriachi per incendiare la città, che in armi avevano risparmiato. Per primo il re appiccò il fuoco alla reggia, poi i commensali, i domestici e le cortigiane. La reggia era stata costruita con gran quantità di cedro, che, innescato il fuoco, propagò rapidamente l'incendio. Quando l'esercito, che era accampato non lontano dalla città, lo vide, credendolo fortuito, accorse in aiuto. Ma quando si giunse al vestibolo della reggia, videro il re in persona che portava delle torce. Abbandonata dunque l'acqua che avevano portato, iniziarono anch’essi a gettare nell'incendio materiale infiammabile. Questa fine ebbe la reggia di tutto quanto l’Oriente, da cui tante genti dapprima chiedevano leggi, patria di tanti re, un tempo unico terrore della Grecia, dopo aver allestito una flotta di mille navi ed eserciti con cui fu invasa l'Europa, ricoperto il mare con un ponte di navi e traforati i monti, nelle cui caverne fu fatto passare il mare . E non risorse più, nemmeno nel lungo periodo che seguì la sua distruzione. Altre città possedettero i re macedoni, che ora posseggono i Parti: di questa non si troverebbero le tracce, se non le evidenziasse il fiume Arasse. Scorreva non lontano dalle mura: gli abitanti dei dintorni ritengono, più che saperlo per certo, che la città fosse stata distante da lì venti stadi.
I Macedoni si vergognavano che una così splendida città fosse stata distrutta da un re gozzovigliante. Pertanto la cosa fu presa sul serio, e si costrinsero a credere che doveva esser distrutta particolarmente in quel modo. Risulta che egli stesso, appena la calma gli restituì la ragione, dopo esser stato annebbiato dall’ebbrezza, si sia pentito
Omnes incaluerant mero: itaque surgunt temulenti ad incendendam urbem, cui armati pepercerant. Primus rex ignem regiae iniecit; tum convivae et ministri pelicesque. Multa cedro aedificata erat regia: quae celeriter igne concepto late fudit incendium. Quod ubi exercitus, qui haud procul urbe tendebat, conspexit, fortuitum ratus ad opem ferendam concurrit. Sed ut ad vestibulum regiae ventum est, vident regem ipsum adhuc aggerentem faces. Omissa igitur quam portaverant aqua, ipsi aridam materiem in incendium iacere coeperunt. Hunc exitum habuit regia totius Orientis, unde tot gentes antea iura petebant, patria tot regum, unicus quondam Graeciae terror, molita M navium classem et exercitus, quibus Europa inundata est, Pudebat Macedones tam praeclaram urbem a comissabundo rege deletam esse. Ipsum, ut primum (=appena) mentem quies reddidit, paenituisse constat
TRADUZIONE
Tutti si erano riscaldati per il vino; perciò si alzarono ubriachi per incendiare la città, che in armi avevano risparmiato. Per primo il re appiccò il fuoco alla reggia, poi i commensali, i domestici e le cortigiane. La reggia era stata costruita con gran quantità di cedro, che, innescato il fuoco, propagò rapidamente l'incendio. Quando l'esercito, che era accampato non lontano dalla città, lo vide, credendolo fortuito, accorse in aiuto. Ma quando si giunse al vestibolo della reggia, videro il re in persona che portava delle torce. Abbandonata dunque l'acqua che avevano portato, iniziarono anch’essi a gettare nell'incendio materiale infiammabile. Questa fine ebbe la reggia di tutto quanto l’Oriente, da cui tante genti dapprima chiedevano leggi, patria di tanti re, un tempo unico terrore della Grecia, dopo aver allestito una flotta di mille navi ed eserciti con cui fu invasa l'Europa, ricoperto il mare con un ponte di navi e traforati i monti, nelle cui caverne fu fatto passare il mare . E non risorse più, nemmeno nel lungo periodo che seguì la sua distruzione. Altre città possedettero i re macedoni, che ora posseggono i Parti: di questa non si troverebbero le tracce, se non le evidenziasse il fiume Arasse. Scorreva non lontano dalle mura: gli abitanti dei dintorni ritengono, più che saperlo per certo, che la città fosse stata distante da lì venti stadi.
I Macedoni si vergognavano che una così splendida città fosse stata distrutta da un re gozzovigliante. Pertanto la cosa fu presa sul serio, e si costrinsero a credere che doveva esser distrutta particolarmente in quel modo. Risulta che egli stesso, appena la calma gli restituì la ragione, dopo esser stato annebbiato dall’ebbrezza, si sia pentito
Anus diligens iuvenem, item puella
TESTO ORIGINALE
A feminis utcumque spoliari viros, ament, amentur, nempe exemplis discimus. Aetatis mediae quendam mulier non rudis tenebat, annos celans elegantia, animosque eiusdem pulchra iuvenis ceperat. ambae, videri dum volunt illi pares, capillos homini legere coepere invicem. qui se putaret fingi cura mulierum, calvus repente factus est; nam funditus canos puella, nigros anus evellerat.
TRADUZIONE
Impariamo naturalmente da esempi che gli uomini sono spogliati dalle femmine, comunque amino, siano amati. Una donna non rozza teneva un tale di mezza età, celando gli anni con eleganza, ma una bella giovane aveva catturato i sentimenti dello stesso. Ambedue, mentre volevano sembrare pari a lui, a vicenda cominciarono a cogliere al personaggio i capelli. E lui che avrebbe creduto esser acconciato dalla cura delle donne improvvisamente divenne calvo; infatti totalmente la ragazza aveva strappato i bianchi, la vecchia i neri.
A feminis utcumque spoliari viros, ament, amentur, nempe exemplis discimus. Aetatis mediae quendam mulier non rudis tenebat, annos celans elegantia, animosque eiusdem pulchra iuvenis ceperat. ambae, videri dum volunt illi pares, capillos homini legere coepere invicem. qui se putaret fingi cura mulierum, calvus repente factus est; nam funditus canos puella, nigros anus evellerat.
TRADUZIONE
Impariamo naturalmente da esempi che gli uomini sono spogliati dalle femmine, comunque amino, siano amati. Una donna non rozza teneva un tale di mezza età, celando gli anni con eleganza, ma una bella giovane aveva catturato i sentimenti dello stesso. Ambedue, mentre volevano sembrare pari a lui, a vicenda cominciarono a cogliere al personaggio i capelli. E lui che avrebbe creduto esser acconciato dalla cura delle donne improvvisamente divenne calvo; infatti totalmente la ragazza aveva strappato i bianchi, la vecchia i neri.
Mario, i cimbri e i teutoni
TESTO ORIGINALE
C. Mario propter Cimbrici belli metum continuatus per complures annos magistratus est: iterum et tertium obsens consul creatus, quartum quoque consulatum consecutus est ; summa vi oppugnata a Teutonis castra defendit; duobus deinde proeliis circa Aquas Sextiam eos hostes delevit, in quibus caesa traduntur hostium duecenta milia, capta nonaginta. Marius obsens quintum consul creatus sest; triumphum oblatum, donec et(=etiam) Cimbros vinceret, distulit. Cimbri, repuso ab Alpibus fugatoque Q. Catulo proconsole, cum in Italiamtraiecisset, iunctis eiusdem Cauli et C. Marii exercitibus, proelio victi sunt ab eis, in quo caesa traduntur hostium centum et quadraginta milia, capta sexaginta. Marius, totius civitatis consensu expectus, pro duobus triumphis, qui offerebantur, uno contentus fuit. Priomes civitatis conservatam ab eo rem publicam fatebantur.
TRADUZIONE
A Gaio Mario, per il timore della Guerra contro i Cimbri, la magistratura fu prorogata per parecchi anni; eletto console per la seconda e la terza volta senza che si presentasse (lett. "assente"), ottenne anche un quarto consolato; difese l'accampamento assediato con somma ostinazione (lett. forza ) dai Teutoni, poi sbaragliò quei nemici con due battaglie intorno ad Aquae Sextiae nelle quali si tramanda che duecentomila nemici furono uccisi, novanta[mila] catturati. Mario fu eletto console per la quinta volta in assenza (scil., da Roma); gli fu offerto il trionfo, [lo] differì finché vincesse anche i Cimbri.
I Cimbri, dopo che era stato ricacciato e messo in fuga dalle Alpi il proconsole Q. Catulo, dopo che erano passati in Italia, una volta unitisi gli eserciti del medesimo Catulo e di C. Mario, furono da essi vinti in una battaglia nella quale si tramanda che furono uccisi centoquarantamila nemici, catturati sessanta[mila]. Mario, attesodal consenso dell'intera cittadinanza, al posto dei due trionfi che [gli] venivano offerti, si accontentò di uno solo.I maggiori della città riconoscevano che lo Stato era stato salvato da lui.
C. Mario propter Cimbrici belli metum continuatus per complures annos magistratus est: iterum et tertium obsens consul creatus, quartum quoque consulatum consecutus est ; summa vi oppugnata a Teutonis castra defendit; duobus deinde proeliis circa Aquas Sextiam eos hostes delevit, in quibus caesa traduntur hostium duecenta milia, capta nonaginta. Marius obsens quintum consul creatus sest; triumphum oblatum, donec et(=etiam) Cimbros vinceret, distulit. Cimbri, repuso ab Alpibus fugatoque Q. Catulo proconsole, cum in Italiamtraiecisset, iunctis eiusdem Cauli et C. Marii exercitibus, proelio victi sunt ab eis, in quo caesa traduntur hostium centum et quadraginta milia, capta sexaginta. Marius, totius civitatis consensu expectus, pro duobus triumphis, qui offerebantur, uno contentus fuit. Priomes civitatis conservatam ab eo rem publicam fatebantur.
TRADUZIONE
A Gaio Mario, per il timore della Guerra contro i Cimbri, la magistratura fu prorogata per parecchi anni; eletto console per la seconda e la terza volta senza che si presentasse (lett. "assente"), ottenne anche un quarto consolato; difese l'accampamento assediato con somma ostinazione (lett. forza ) dai Teutoni, poi sbaragliò quei nemici con due battaglie intorno ad Aquae Sextiae nelle quali si tramanda che duecentomila nemici furono uccisi, novanta[mila] catturati. Mario fu eletto console per la quinta volta in assenza (scil., da Roma); gli fu offerto il trionfo, [lo] differì finché vincesse anche i Cimbri.
I Cimbri, dopo che era stato ricacciato e messo in fuga dalle Alpi il proconsole Q. Catulo, dopo che erano passati in Italia, una volta unitisi gli eserciti del medesimo Catulo e di C. Mario, furono da essi vinti in una battaglia nella quale si tramanda che furono uccisi centoquarantamila nemici, catturati sessanta[mila]. Mario, attesodal consenso dell'intera cittadinanza, al posto dei due trionfi che [gli] venivano offerti, si accontentò di uno solo.I maggiori della città riconoscevano che lo Stato era stato salvato da lui.
Guerra fra Mario e Silla
TESTO ORIGINALE
Dum Sulla in Achaia atque Asia Mithridatem vincit, Marius, qui fugatus erat, et Cornelius Cinna, unus ex consulibus, bellum in Italia reparaverunt et,ingressi urbem Romam, nobilissimos e senatu et consulares viros interfecerunt, multos proscripserunt, ipsius Sullae domo eversa, filios et uxorem ad fugarn compulerunt. Tum Sulla in Italiam traiecit, bellurn civile gesturus. Pugna gravissima fuit contra duces partis Marianae, ad portam Collinam. LXX milia hostium in eo proelio contra Sullam fuisse dicuntur. XII milia se Sullae dediderunt, ceteri in acie, in castris, in fuga insatiabili ira victorum consumati sunt. Cn. Carbo, consul alter, ab Arimino ad Siciliain fugit et ibi per Cn. Pompeium interfectus est, quem adulescentem Sulla exercitibus praefecerat, (ita) Ut secundus a Sulla haberetur.
TRADUZIONE
Mentre Silla vince Mitridate in Acaia ed in Asia, Mario, ch’era stato messo in fuga, e Cornelio Cinna, uno dei consoli, ripresero la guerra in Italia e, entrati in Roma, uccisero i (rappresentanti) più nobili del Senato e gli uomini consolari; molti (li) inserirono nelle liste di proscrizione, e – dopo aver abbattuta la casa dello stesso Silla – costrinsero i (suoi) figli e (sua) moglie alla fuga.
Al che, Silla passò in Italia, per combattere la guerra civile. Lo scontro con i condottieri di fazione mariana, nei pressi di Porta Collina, fu durissimo. Si dice che, in quella battaglia, si schierarono contro Silla 70mila nemici. 12 mila si arresero a Silla, gli altri furono trucidati dall’ira insaziabile dei vincitori durante il combattimento, (sorpresi) nell’accampamento o (mentre erano) in fuga. Cneo Carbo, l’altro console, fuggì da Rimini alla volta della Sicilia, dove fu ucciso da Cneo Pompeo, che Silla aveva posto a capo degli eserciti (benché fosse ancora) adolescente: (Pompeo) era, infatti, considerato da Silla secondo.
Dum Sulla in Achaia atque Asia Mithridatem vincit, Marius, qui fugatus erat, et Cornelius Cinna, unus ex consulibus, bellum in Italia reparaverunt et,ingressi urbem Romam, nobilissimos e senatu et consulares viros interfecerunt, multos proscripserunt, ipsius Sullae domo eversa, filios et uxorem ad fugarn compulerunt. Tum Sulla in Italiam traiecit, bellurn civile gesturus. Pugna gravissima fuit contra duces partis Marianae, ad portam Collinam. LXX milia hostium in eo proelio contra Sullam fuisse dicuntur. XII milia se Sullae dediderunt, ceteri in acie, in castris, in fuga insatiabili ira victorum consumati sunt. Cn. Carbo, consul alter, ab Arimino ad Siciliain fugit et ibi per Cn. Pompeium interfectus est, quem adulescentem Sulla exercitibus praefecerat, (ita) Ut secundus a Sulla haberetur.
TRADUZIONE
Mentre Silla vince Mitridate in Acaia ed in Asia, Mario, ch’era stato messo in fuga, e Cornelio Cinna, uno dei consoli, ripresero la guerra in Italia e, entrati in Roma, uccisero i (rappresentanti) più nobili del Senato e gli uomini consolari; molti (li) inserirono nelle liste di proscrizione, e – dopo aver abbattuta la casa dello stesso Silla – costrinsero i (suoi) figli e (sua) moglie alla fuga.
Al che, Silla passò in Italia, per combattere la guerra civile. Lo scontro con i condottieri di fazione mariana, nei pressi di Porta Collina, fu durissimo. Si dice che, in quella battaglia, si schierarono contro Silla 70mila nemici. 12 mila si arresero a Silla, gli altri furono trucidati dall’ira insaziabile dei vincitori durante il combattimento, (sorpresi) nell’accampamento o (mentre erano) in fuga. Cneo Carbo, l’altro console, fuggì da Rimini alla volta della Sicilia, dove fu ucciso da Cneo Pompeo, che Silla aveva posto a capo degli eserciti (benché fosse ancora) adolescente: (Pompeo) era, infatti, considerato da Silla secondo.
Vittorie di Gneo Pompeo
TESTO ORIGINALE
Existimo in summo imperatore quattuor has res inesse oportere: scientiam rei militaris, virtutem, auctoritatem, felicitatem. Quis igitur Cn. Pompeio scientior umquam fuit? Qui extrema pueritia miles in exercitu summi fuit imperatoris, ineunte adulescentia maximi ipse exercitus imperator, qui plura bella gessit quam ceteri legerunt: civile, Africanum, Transalpinum, Hispaniense, servile, navale non solum gesta ab hoc uno, sed etiam confecta sunt. Per hosce annos omnia maria referta praedonum erant; a Cn. Pompeio omnes ubique praedones partim capti interfectique sunt, partim unius huius se imperio ac potestati dediderunt; tantum bellum, tam vetus, tam diuturnum, tam longe lateque dispersum, quo bello omnes gentes ac nationes premebantur, Cn. Pompeius extrema hieme apparavit, ineunte vere suscepit, media aestate confecit.
TRADUZIONE
Io ritengo che in un grandissimo generale debbano sussistere le seguenti quattro qualità: conoscenza dell'arte bellica, valore, prestigio, fortuna. Chi dunque più di Pompeo possedette o avrebbe potuto possedere la conoscenza dell'arte militare? egli che dalla scuola e dagli studi della fanciullezza passò nell'esercito del padre, sotto la disciplina militare, in una guerra durissima e contro nemici ferocissimi; egli che alla fine della fanciullezza militò nell'armata di un grandissimo generale, ed all'inizio dell'adolescenza guidò di persona un'imponente armata; che combatté più battaglie con i nemici di quanti conflitti privati abbia avuto ogni altro uomo, che combatté guerre più di quante gli altri ne abbiano lette, che creò più province di quante gli altri ne abbiano desiderate, che passò la giovinezza ad istruirsi nell'arte militare non per mezzo degli insegnamenti altrui, ma in virtù del comando da lui stesso esercitato, non per mezzo delle sconfitte ma delle vittorie, non per mezzo del servizio militare ma dei trionfi. Quale tipo di conflitto armato, infine, esiste in cui non lo abbiano messo alla prova i casi dello Stato? La guerra civile, d'Africa, Transalpina, di Spagna (in cui i cittadini erano confusi con popoli assai bellicosi), servile, navale, i più diversi tipi di nemici e di guerre, non solamente iniziate ma anche condotte a termine da lui solo, attestano che non esiste problema militare che sfugga alla conoscenza di questo uomo.
Existimo in summo imperatore quattuor has res inesse oportere: scientiam rei militaris, virtutem, auctoritatem, felicitatem. Quis igitur Cn. Pompeio scientior umquam fuit? Qui extrema pueritia miles in exercitu summi fuit imperatoris, ineunte adulescentia maximi ipse exercitus imperator, qui plura bella gessit quam ceteri legerunt: civile, Africanum, Transalpinum, Hispaniense, servile, navale non solum gesta ab hoc uno, sed etiam confecta sunt. Per hosce annos omnia maria referta praedonum erant; a Cn. Pompeio omnes ubique praedones partim capti interfectique sunt, partim unius huius se imperio ac potestati dediderunt; tantum bellum, tam vetus, tam diuturnum, tam longe lateque dispersum, quo bello omnes gentes ac nationes premebantur, Cn. Pompeius extrema hieme apparavit, ineunte vere suscepit, media aestate confecit.
TRADUZIONE
Io ritengo che in un grandissimo generale debbano sussistere le seguenti quattro qualità: conoscenza dell'arte bellica, valore, prestigio, fortuna. Chi dunque più di Pompeo possedette o avrebbe potuto possedere la conoscenza dell'arte militare? egli che dalla scuola e dagli studi della fanciullezza passò nell'esercito del padre, sotto la disciplina militare, in una guerra durissima e contro nemici ferocissimi; egli che alla fine della fanciullezza militò nell'armata di un grandissimo generale, ed all'inizio dell'adolescenza guidò di persona un'imponente armata; che combatté più battaglie con i nemici di quanti conflitti privati abbia avuto ogni altro uomo, che combatté guerre più di quante gli altri ne abbiano lette, che creò più province di quante gli altri ne abbiano desiderate, che passò la giovinezza ad istruirsi nell'arte militare non per mezzo degli insegnamenti altrui, ma in virtù del comando da lui stesso esercitato, non per mezzo delle sconfitte ma delle vittorie, non per mezzo del servizio militare ma dei trionfi. Quale tipo di conflitto armato, infine, esiste in cui non lo abbiano messo alla prova i casi dello Stato? La guerra civile, d'Africa, Transalpina, di Spagna (in cui i cittadini erano confusi con popoli assai bellicosi), servile, navale, i più diversi tipi di nemici e di guerre, non solamente iniziate ma anche condotte a termine da lui solo, attestano che non esiste problema militare che sfugga alla conoscenza di questo uomo.
Camillo, secondo fondatore di Roma
TESTO ORIGINALE
Post viginti deinde annos Veientani rebellaverunt. Dictator contra ipsos missus est Furius Camillus, qui primum eos vicit acie, mox etiam civitatem diu obsidens cepit, antiquissimam Italiaeque ditissimam. Post eam cepit et Faliscos, non minus nobilem civitatem. Sed commota est ei invidia, quasi praedam male divisisset, damnatusque ob eam causam et expulsus civitate. Statim Galli Senones ad urbem venerunt et victos Romanos undecimo miliario a Roma apud flumen Alliam secuti etiam urbem occupaverunt. Neque defendi quicquam nisi Capitolium potuit; quod cum diu obsedissent et iam Romani fame laborarent, accepto auro ne Capitolium obsiderent, recesserunt. Sed a Camillo, qui in vicina civitate exulabat, Gallis superventum est gravissimeque victi sunt. Postea tamen etiam secutus eos Camillus ita cecidit, ut et aurum, quod his datum fuerat, et omnia, quae ceperant, militaria signa revocaret. Ita tertio triumphans urbem ingressus est et appellatus secundus Romulus, quasi et ipse patriae conditor.
TRADUZIONE
Vent'anni più tardi i Veientani si ribellarono. Dittatore contro di loro fu mandato Furio Camillo, il quale dapprima li vinse in battaglia, poi, assediatala a lungo, prese anche la città, tra le più antiche e ricche d'Italia. Dopo quella prese anche Faleri, città non menofamosa. Ma gli fu provocata contro la malevolenza , quasichè avesse divisa male la preda, e per tal ragione fu condannato ed espulso dalla città.
Tosto i Galli Senoni vennero contro Roma e, vinti i Romani a undici miglia dalla città presso il fiume Allia, inseguitili anche la occuparono. Nè alcun luogo si potè difendere fuorchè il Campidoglio; e avendolo a lungo assediato e ormai i Romani soffrendo la fame, ricevuto denaro perchè non lo assediassero, si ritirarono. Ma Camillo che esulava in una città vicina piombò sopra i Galli e toccarono una gravissima sconfitta. Poi anche però (ricevuto denaro perchè non assediassero il Campidoglio, si ritirarono, ma) Camillo inseguitili ne fece tal scempio, che recuperò e l'oro che era stato dato loro e tutte le insegne militari che avevano preso. Così trionfando per la terza volta entrò in città e fu chiamato secondo Romolo, quasi anch'egli (fosse stato) il fondatore della patria.
Post viginti deinde annos Veientani rebellaverunt. Dictator contra ipsos missus est Furius Camillus, qui primum eos vicit acie, mox etiam civitatem diu obsidens cepit, antiquissimam Italiaeque ditissimam. Post eam cepit et Faliscos, non minus nobilem civitatem. Sed commota est ei invidia, quasi praedam male divisisset, damnatusque ob eam causam et expulsus civitate. Statim Galli Senones ad urbem venerunt et victos Romanos undecimo miliario a Roma apud flumen Alliam secuti etiam urbem occupaverunt. Neque defendi quicquam nisi Capitolium potuit; quod cum diu obsedissent et iam Romani fame laborarent, accepto auro ne Capitolium obsiderent, recesserunt. Sed a Camillo, qui in vicina civitate exulabat, Gallis superventum est gravissimeque victi sunt. Postea tamen etiam secutus eos Camillus ita cecidit, ut et aurum, quod his datum fuerat, et omnia, quae ceperant, militaria signa revocaret. Ita tertio triumphans urbem ingressus est et appellatus secundus Romulus, quasi et ipse patriae conditor.
TRADUZIONE
Vent'anni più tardi i Veientani si ribellarono. Dittatore contro di loro fu mandato Furio Camillo, il quale dapprima li vinse in battaglia, poi, assediatala a lungo, prese anche la città, tra le più antiche e ricche d'Italia. Dopo quella prese anche Faleri, città non menofamosa. Ma gli fu provocata contro la malevolenza , quasichè avesse divisa male la preda, e per tal ragione fu condannato ed espulso dalla città.
Tosto i Galli Senoni vennero contro Roma e, vinti i Romani a undici miglia dalla città presso il fiume Allia, inseguitili anche la occuparono. Nè alcun luogo si potè difendere fuorchè il Campidoglio; e avendolo a lungo assediato e ormai i Romani soffrendo la fame, ricevuto denaro perchè non lo assediassero, si ritirarono. Ma Camillo che esulava in una città vicina piombò sopra i Galli e toccarono una gravissima sconfitta. Poi anche però (ricevuto denaro perchè non assediassero il Campidoglio, si ritirarono, ma) Camillo inseguitili ne fece tal scempio, che recuperò e l'oro che era stato dato loro e tutte le insegne militari che avevano preso. Così trionfando per la terza volta entrò in città e fu chiamato secondo Romolo, quasi anch'egli (fosse stato) il fondatore della patria.
La fine di Cartagine (146 a.C.)
TESTO ORIGINALE
Carthago, in circuitu milia viginti tria passuum patens, magno labore obsessa et capta est a Scipione consule, cui Africa provincia data erat. Carthaginienses portu novo, quia vetus obstructus a Scipione erat, facto et contracta clam exiguo tempore ampla classe, infeliciter navali proelio pugnaverunt. Hasdrubalis quoque ducis eorum castra exercitu deleta sunt a Scipione, qui tandem urbem expugnavit septingentesimo anno postquam erat condita. Spoliorum maior pars Siculis, quibus ablata erant, reddita. Ultimo urbis excidio, cum se Hasdrubal Scipioni dedisset, uxor eius, quae paucis ante diebus de marito impetrare non potuerat ut ad victorem transfugerent, in medium se flagrantis urbis incendium cum duobus liberis ex arce praecipitavit. Scipio, exemplo patris sui naturalis Aemilii Pauli, qui Macedoniam vicerat, ludos fecit.
TRADUZIONE
Cartagine, che si estende nel circuito di ventitremila passi, fu assediata con grande fatica e presa dal console Scipione, a cui venne data la provincia dell'Africa. I Cartaginesi costruito il nuovo porto, poichè il vecchio era stato distrutto da Scipione, e radunata di nascosta in poco tempo un'ampia flotta, combatterono felicemente in una battaglia navale. Con l'esercito da Scipione venne distrutto anche l'accampamento di Asdrubale, che infine espugnò la città nel settecentesimo anno dopo che fu fondata. La maggior parte delle spoglie vennero date ai Siciliani, ai quali erano state sottratte. Nell'ultima distruzione della città, Asdrubale essendosi consegnato a Scipione, sua moglie, che pochi giorni prima non aveva potuto prevalere sul marito affinchè questo fuggisse verso il nemico, alla fine si gettò con i due figli dalla rocca in mezzo all'incendio della città che bruciava. Scipione, per l'esempio del suo padre naturale Emilio Paolo, che aveva vinto la Macedonia, fece giochi.
Carthago, in circuitu milia viginti tria passuum patens, magno labore obsessa et capta est a Scipione consule, cui Africa provincia data erat. Carthaginienses portu novo, quia vetus obstructus a Scipione erat, facto et contracta clam exiguo tempore ampla classe, infeliciter navali proelio pugnaverunt. Hasdrubalis quoque ducis eorum castra exercitu deleta sunt a Scipione, qui tandem urbem expugnavit septingentesimo anno postquam erat condita. Spoliorum maior pars Siculis, quibus ablata erant, reddita. Ultimo urbis excidio, cum se Hasdrubal Scipioni dedisset, uxor eius, quae paucis ante diebus de marito impetrare non potuerat ut ad victorem transfugerent, in medium se flagrantis urbis incendium cum duobus liberis ex arce praecipitavit. Scipio, exemplo patris sui naturalis Aemilii Pauli, qui Macedoniam vicerat, ludos fecit.
TRADUZIONE
Cartagine, che si estende nel circuito di ventitremila passi, fu assediata con grande fatica e presa dal console Scipione, a cui venne data la provincia dell'Africa. I Cartaginesi costruito il nuovo porto, poichè il vecchio era stato distrutto da Scipione, e radunata di nascosta in poco tempo un'ampia flotta, combatterono felicemente in una battaglia navale. Con l'esercito da Scipione venne distrutto anche l'accampamento di Asdrubale, che infine espugnò la città nel settecentesimo anno dopo che fu fondata. La maggior parte delle spoglie vennero date ai Siciliani, ai quali erano state sottratte. Nell'ultima distruzione della città, Asdrubale essendosi consegnato a Scipione, sua moglie, che pochi giorni prima non aveva potuto prevalere sul marito affinchè questo fuggisse verso il nemico, alla fine si gettò con i due figli dalla rocca in mezzo all'incendio della città che bruciava. Scipione, per l'esempio del suo padre naturale Emilio Paolo, che aveva vinto la Macedonia, fece giochi.
Ultimatum dei Romani respinti dai cartaginesi
TESTO ORIGINALE
Legati triginta Romam venerunt, per quos se Carthaginienses dedebant. Catonis sententia devicit, ut in decreto perstaretur et ut consules quam primum ad bellum proficiscerentur; qui ubi in Africam transierunt, acceptis, quos imperaverant, trecentis obsidibus et armis omnibusque instrumentis bellicis, si qua Carthagine erant, tunc, cum ex auctoritate patrum iuberent ut in alio loco, dum a mari decem milia passum, ne minus, remoto, oppidum facerent, indignitate rei ad bellandum Carthaginienses compulerunt. Obsideri opuugnarique coepta est carthago ab L.Marcio M'. Manilio consulibus.In qua oppugnatione cum neglectos ab una parte muros duo tribuni temere cum cohortibus suis irrupissent et ab oppidanis graviter caederentur, a Scipione Africano expliciti sunt; per quem et castellum romanorum, quod nocte carthaginienses expugnaverant, paucis equitibus iuvantibus, liberatum est.
TRADUZIONE
Trenta legati giunsero a Roma, tramite i quali i Cartaginesi si arrendevano. Vinse il parere di Catone che si restasse a quanto era stato decretato (lett. nel decreto) e che i consoli quanto prima partissero per la guerra; i quali (consoli) quando passarono in Africa, presi i trecento ostaggi, che si era imposto di consegnare (Obsides imperare = ordinare la consegna di ostaggi), e le armi e tutti gli strumenti bellici, se pure ve ne erano a Cartagine, allora, ordinando per autorità del senato (lett. dei padri) che costruissero la città lontano dal mare diecimila passi e non meno, per l’indegnità della cosa spinsero i Cartaginesi a combattere. Da parte dei consoli Lucio Marcio e Manlio Manilio si cominciò ad assediare e ad occupare Cartagine. In tale assedio (lett. Nel quale assedio) avendo due tribuni fatto temerariamente irruzione con le loro coorti dalle mura abbandonate da una parte ed essendo, gravemente battuti dai cittadini, furono salvati da Scipione l’Africano; per suo merito anche la fortificazione dei Romani, che di notte i Cartaginesi avevano espugnato, fu liberata con l’ausilio di pochi cavalieri
Legati triginta Romam venerunt, per quos se Carthaginienses dedebant. Catonis sententia devicit, ut in decreto perstaretur et ut consules quam primum ad bellum proficiscerentur; qui ubi in Africam transierunt, acceptis, quos imperaverant, trecentis obsidibus et armis omnibusque instrumentis bellicis, si qua Carthagine erant, tunc, cum ex auctoritate patrum iuberent ut in alio loco, dum a mari decem milia passum, ne minus, remoto, oppidum facerent, indignitate rei ad bellandum Carthaginienses compulerunt. Obsideri opuugnarique coepta est carthago ab L.Marcio M'. Manilio consulibus.In qua oppugnatione cum neglectos ab una parte muros duo tribuni temere cum cohortibus suis irrupissent et ab oppidanis graviter caederentur, a Scipione Africano expliciti sunt; per quem et castellum romanorum, quod nocte carthaginienses expugnaverant, paucis equitibus iuvantibus, liberatum est.
TRADUZIONE
Trenta legati giunsero a Roma, tramite i quali i Cartaginesi si arrendevano. Vinse il parere di Catone che si restasse a quanto era stato decretato (lett. nel decreto) e che i consoli quanto prima partissero per la guerra; i quali (consoli) quando passarono in Africa, presi i trecento ostaggi, che si era imposto di consegnare (Obsides imperare = ordinare la consegna di ostaggi), e le armi e tutti gli strumenti bellici, se pure ve ne erano a Cartagine, allora, ordinando per autorità del senato (lett. dei padri) che costruissero la città lontano dal mare diecimila passi e non meno, per l’indegnità della cosa spinsero i Cartaginesi a combattere. Da parte dei consoli Lucio Marcio e Manlio Manilio si cominciò ad assediare e ad occupare Cartagine. In tale assedio (lett. Nel quale assedio) avendo due tribuni fatto temerariamente irruzione con le loro coorti dalle mura abbandonate da una parte ed essendo, gravemente battuti dai cittadini, furono salvati da Scipione l’Africano; per suo merito anche la fortificazione dei Romani, che di notte i Cartaginesi avevano espugnato, fu liberata con l’ausilio di pochi cavalieri
inizio della terza guerra punica
TESTO ORIGINALE
Tertii Punici belli initium altero et sexcentesimo anno ab urbe condita, intra quintum annum quam eram coeptum , consummati.Inter M.Porcium Catonem et Scipionem Nasicam, quorum alter sapientissimus vir in civitate habebatur, alter optimus etiam a senatu iudicatus erat , diversis certatum sententiis est, Catone suadente bellum , et ut tolleretur delereturque Carthago, Nasica dissuadente. Placuit tamen , quod contra foedus naveshaberent, quod exercitus extra fines duxissent , quod socio populi Romani et amico Massinissae arma intulissent, quod filium eius Gulussam, qui cum legatis romanis erat, in oppidum non recepissent, bellum iis indici.Priusquam ullae copiae in naves imponerentur, Uticenses legati Roman venerunt, se suaque omnia dedentes.Ea legatio, veluti omnem grata patribus,acerba Carthaginiensibus fuit.
TRADUZIONE
L'inizio della terza guerra punica finita entro 5 anni dacchè era cominciata, fu nell'anno 602 dalla fondazione di Roma. Tra Marco Porcio Catone E Scipione Nosica, dei quali l'uno era considerato uomo molto sapiente tra la cittadinanza, anche l'altro era giudicato molto illustre dal senato, ci fu disputa per diverse opinioni, Catone consigliando la guerra , affinchè Cartagine fosse distrutta e annientata, Nasica sconsigliandola. Tuttavia si decise che la guerra sarebbe stata dichiarata a quelli perchè contro il trattato di alleanza costruivano navi; perchè avevano portato gli eserciti fuori dai confini, perchè avevano portato la guerra a Massinissa alleato e amico del popolo romani, perchè non avevano accolto suo figlio Golasse che si trovava con i legati romani. Prima che nessuna truppa fosse salita sulle navi, andarono a Roma ambasciatori di Utica, offrendo se stessi e tutti i loro beni. Questa ambasciata, fu come un presagio piacevole per il senato, fu (un presagio) amaro per i Cartaginesi.
Tertii Punici belli initium altero et sexcentesimo anno ab urbe condita, intra quintum annum quam eram coeptum , consummati.Inter M.Porcium Catonem et Scipionem Nasicam, quorum alter sapientissimus vir in civitate habebatur, alter optimus etiam a senatu iudicatus erat , diversis certatum sententiis est, Catone suadente bellum , et ut tolleretur delereturque Carthago, Nasica dissuadente. Placuit tamen , quod contra foedus naveshaberent, quod exercitus extra fines duxissent , quod socio populi Romani et amico Massinissae arma intulissent, quod filium eius Gulussam, qui cum legatis romanis erat, in oppidum non recepissent, bellum iis indici.Priusquam ullae copiae in naves imponerentur, Uticenses legati Roman venerunt, se suaque omnia dedentes.Ea legatio, veluti omnem grata patribus,acerba Carthaginiensibus fuit.
TRADUZIONE
L'inizio della terza guerra punica finita entro 5 anni dacchè era cominciata, fu nell'anno 602 dalla fondazione di Roma. Tra Marco Porcio Catone E Scipione Nosica, dei quali l'uno era considerato uomo molto sapiente tra la cittadinanza, anche l'altro era giudicato molto illustre dal senato, ci fu disputa per diverse opinioni, Catone consigliando la guerra , affinchè Cartagine fosse distrutta e annientata, Nasica sconsigliandola. Tuttavia si decise che la guerra sarebbe stata dichiarata a quelli perchè contro il trattato di alleanza costruivano navi; perchè avevano portato gli eserciti fuori dai confini, perchè avevano portato la guerra a Massinissa alleato e amico del popolo romani, perchè non avevano accolto suo figlio Golasse che si trovava con i legati romani. Prima che nessuna truppa fosse salita sulle navi, andarono a Roma ambasciatori di Utica, offrendo se stessi e tutti i loro beni. Questa ambasciata, fu come un presagio piacevole per il senato, fu (un presagio) amaro per i Cartaginesi.
venerdì 14 gennaio 2011
de bello gallico
traduzione de bello gallico cesare
de bello civili
traduzione de bello civili cesare
de ...
traduzione de cicerone
de rerum
traduzione del de rerum
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